Sapri è la prima “Città Grande”. Ci arrivo in discesa da un sentiero che mi permette di saltare le statali.
Qui ho un contatto, un signore che avevo conosciuto a Tortora ospite di Biagio, che mi ha già trovato un appoggio per la notte. Il posto prescelto mi fa tornare a mezz’ora di cammino indietro in un centro sociale dove un gruppo di ragazzi molto simpatici e disponibili ci aprono le porte, purtroppo non avrò modo di salutarli! Perché giustamente Fefè, al mattino seguente, fa le sue recriminazioni sul posto a lui riservato, privo di ogni possibilità di brucare qualcosa nella notte, nel letto di un fiume in secca.
Sono costretto a trasferirmi in fretta e furia da ‘O Massaro, saprese, che mentre digiuna fa riflessioni e beve vino… 🙂
Qui mi raggiungono i miei primi compagni di viaggio: mia Sorella Greta e Guglielmo.
Guglielmo porta con se tutta la sua attrezzatura per le riprese (perché è appassionato anche lui) è qui che nasce l’idea del film collettivo di cui Guglielmo è il primo vero operatore!!!
Recupera e… “Non fare gli Asino”
A mia sorella il merito di aver voluto dare al viaggio uno stampo più verso il recupero del cibo che a tonnellate viene buttato via ogni giorno nei supermercati. Non ci saranno molte altre occasioni di fare recupero vista la sconcertante ospitalità che ha seguito, ma sicuramente il tema dello spreco non va sottovalutato in questo progetto.
Altro tema importante è la spazzatura, quanta ne incontrerò lungo il cammino! Purtroppo su questo tema vanno rimproverati anche i miei ospiti…
Qui i piatti e i bicchieri di plastica sono una brutta usanza, collegata alla meravigliosa ospitalità che si riceve dalle persone. Alla mia offerta di lavare i piatti, io, pur di non usare la plastica la risposta tipo è:”Dato che ci sono usiamoli sti piatti di plastica!”
Qui spesso le persone sono impegnate in battaglie molto personali, purtroppo, che non trovano grandi riscontri nella popolazione. Contro appalti di denaro sporco volti a costruire pale eoliche in territori dove non esiste neanche il vento o contro le ferite della montagna portate dalla costruzione sfrenata di gasdotti, in una terra ricchissima di falde acquifere.
Come spiegare che la campania é una terra che si percepisce nel profondo ferita.
Gli incendi sono molti di più di quelli di cui parlano tutti i nostri telegiornali. Oggi, mentre appunto i miei pensieri, per esempio sono a Calabritto e hanno “appicciato” un incendio qua accanto alla casa dove sono ospite, che sta ancora bruciando e non c’è nessuno. L’altro giorno a Campagna la montagna di fronte a iniziato a bruciare ero seduto come sempre ospite ad una ricchissima tavolata e, quando mi sono preoccupato del fatto che nessuno intervenisse, mi hanno spiegato che sarebbe stato inutile chiamare perché si perderebbero le ore collegati al centralino in attesa di una risposta. Mi spiegano che tutte le linee sono intasate da altre richieste e gli operatori impegnati in altre operazioni di soccorso. Purtroppo la Campania è talmente devastata dagli incendi che i mezzi di soccorso devono dare canoni di priorità … Se brucia Agropoli e un paesino del Cilento, vanno a spegnere Agropoli. Il fumo offusca il sole e, in un tramonto perenne, il fuoco divora la montagna di Campagna.
Ed io mi chiedo: ma perchè tutti i corpi più importanti per la tutela del territorio nazionale sono stati smembrati? Perchè abbiamo bisogno che i francesi intervengano sul nostro territorio per aiutarci a spegnere gli incendi?
La forestale è stata smembrata ed accorpata ai carabinieri, c’è chi parla di fare dei pompieri un corpo volontario…Assurdo!!! Un corpo che, visto l’alto rischio di incendi sul nostro territorio, avrebbe bisogno di avere stipendi adeguati e altissima specializzazione.
Mi viene da pensare: meno male che Agropoli è gestita da un tedesco anche se fa rabbia il fatto che sia uno dei siti più belli in assoluto in Italia, ma che cura ne avrebbero gli italiani se lo gestissero loro? Il nostro problema è che diamo per scontate le nostre bellezze, che invece chi arriva da fuori sa apprezzare e valorizzare.
Articolo riproducibile citando la fonte con link al testo originale pubblicato su Italia che Cambia