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Tornare a respirare

tornare a respirare

Quanto tempo è passato dall’utlima volta che abbiamo fermato un attimo tutto e siamo tornate/i a respirare? Una domanda un po’ strana se ci si pensa. Che significa tornare a respirare? Di fatto noi respiriamo in automatico e non pare avere molto senso porsi una domanda così. Tuttavia forse la domanda giusta non è se “torniamo a respirare”, piuttosto “come respiriamo?

Ho avuto modo di passare del tempo in mare e seguendo la mia passione per lo snorkelling mi sono trovata spesso a mare aperto ad osservare respirando la vita intorno a me, con una maschera e un boccaglio, quando respiriamo in acqua tutto diventa più lento, più sonoro. Si innesca una modalità di risparmio energetico che porta una connessione più profonda con ciascun senso. Il suono del respiro è sorprendente… quella sottile tensione di trovarsi nel mare, in una specie di volo contenuto dall’acqua alla quale ti puoi solo affidare.

Con questo pensiero come preludio oggi vorrei parlarvi del respiro, in particolare quello diaframmatico. Non sarà la classica lezione di canto dove parliamo di quanto è importante respirare con il diaframma, etc. La mia vuole essere una riflessione voce alta. Credo che siamo d’accordo nell’affermare che parliamo di un’azione quotidiana di vitale importanza: senza respiro non c’è vita.

Quest’azione non richiede, salvo particolari casi, un sapere se non quello di seguire l’istinto.

Per questo tutto scorre, le nostre vite procedono e l’atto di respirare si normalizza e si adatta a tutto ciò che è necessario. In questo automatismo nessuno pensa più a quale postura tenere, pochi si concentrano su come si respira.

Certamente è difficile pensare di respirare con consapevolezza, con una postura corretta tutto il tempo. Tuttavia occorre riflettere su come il non essere consapevoli può creare una disconnessione con la nostra energia vitale.

Serge Wilfart, cantante lirico formato nei migliori conservatori, è un professore di canto che ha ideato il metodo detto “Pneumafonia”, riconosciuto e praticato in molte parti del mondo. Egli è un rivoluzionario, attraverso una rimessa in discussione della nostra voce “profana”, che spesso non è altro che il riflesso di una personalità superficiale. Serge parla del respiro come un’azione fortemente condizionata e modificata man mano che cresciamo, in particolare nel suo libro “Il Canto dell’Essere” ci spiega che in ciascuna età dell’individuo i forti condizionamenti a cui ci dobbiamo adattare influenzano il nostro modo di respirare, e di conseguenza il nostro modo di usare la voce. Senza entrare troppo nei particolari, ciò che trovo interessante del suo lavoro è il fatto che egli pone attenzione su come in generale ognuno di noi investe molto sull’estetica, fino a sacrificare la propria autenticità. Non possiamo svincolare questa affermazione da ogni aspetto che la caratterizza, a volte fisico, a volte mentale a volte spirituale.

Mi piace pensare che il lavoro sulla voce veda come strumento principale queste tre dimensioni, e in questa ottica, quando poi ci troviamo a lavorare sul campo la diatriba è quella che ha interessato filosofi, psicologi, sociologi:

Essere o Apparire. Non siamo qui per risolvere una diatriba, ma per esplorare insieme nuove possibilità.

È interessante osservare che spesso il respiro si adatta a ciò che viene richiesto all’esterno, e non si connette con le reali necessità dell’essere. A volte sembra che le persone si siano addirittura dimenticate di ciò che è naturale e si ritrovano a preoccuparsi di non mostrare parti di sé che non siano “intonati” a un’immagine stereotipata riconosciuta come quella “giusta”.

Don Miguel Ruiz, maestro che porta avanti la scuola tolteca in Messico, nel suo libro “I Quattro Accordi” parla di Sogno Collettivo. Egli racconta di come noi nasciamo in un disegno già stabilito. Non ci viene chiesto se siamo d’accordo o se ci piace. Quando nasciamo siamo completamente dipendenti dal mondo esterno, e ci vuole un po’ di tempo prima di imparare a distinguersi. Il problema si fa serio quando questo disegno generale, che Ruiz chiama “Sogno Collettivo”, manipola fino a soffocare la vera natura dell’essere umano. Le nostre società moderne proteggono bene una struttura di fondo per cui il sistema trainante possa continuare a sopravvivere. Non vi racconto nulla di nuovo, così come sappiamo che se decidiamo di andare per la nostra strada, la sfida diventa ancora più impegnativa.

A volte il nostro “universo corpo-mente-anima” ha bisogno di uscire dalle righe strette che la società e il conformismo impone. Ne ho parlato nel mio scorso articolo.

Tornando al respiro e più nel dettaglio all’espressione attraverso la voce, ho visto nel tempo che le persone per ritrovare il proprio centro spesso lo devono perdere. Un momento a volte difficile perché crea vulnerabilità, e le nostre certezze vacillano. Il lavoro sul respiro diaframmatico rivela una relazione con il proprio centro che non sempre è come ci aspettiamo, e la maggior parte delle volte, le persone scoprono che le proprie posture sono artefatte e poco rilassate. Una volta ricontattato l’equilibrio, ciò che ci scorre attraverso sembra essere più fluido, il respiro diventa calmante e la voce torna a connetterci con uno spazio più vero.

L’espressione durante un lavoro sulla voce non ha nulla a che vedere con l’applicazione di esercizi specifici da ripetere come allenamento. Per un cantante professionista, allenarsi è uno strumento per rimanere in forma, come per uno sportivo l’esercizio quotidiano. Si tratta piuttosto di un approccio che permette di ascoltare cosa accade davvero. Quando impariamo questo ascolto, che non è solo attraverso l’udito, ma coinvolge tutti i nostri sensi, possiamo sentire che il respiro è molto potente, e trasformato in suono questa potenza si amplifica.

Il respiro consapevole viene praticato in moltissime discipline del benessere, ma senza ricorrere ad attività tanto ricercate, basti pensare al momento in cui una donna dà alla luce una vita.

Oppure basta osservare i bambini molto piccoli. Essi apprendono giocando, sbagliando, seguendo l’istinto, e usano la voce in modo spontaneo, attraverso le grida, il pianto, la risa, e gorgheggi vari.

Quando il respiro vibra e diventa suono, succedono cose importanti. E queste cose succedono volenti o nolenti, poiché non facciamo altro che respirare e suonare durante il corso della nostra vita.

Dunque perché non fermarsi un attimo insieme: prendiamoci un bel respiro e proviamo a sentire a che punto siamo. Poi liberiamo il nostro respiro con un sospiro di sollievo sonoro… se vogliamo possiamo ripetere quest’azione un po’ di volte.

Propongo di tornare ogni tanto al magico gioco del respiro, quello che ci connette con la verità e ci rende creatori della nostra storia.

Articolo riproducibile citando la fonte con link al testo originale pubblicato su Italia che Cambia

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Cantautrice, Facilitatrice dello strumento voce, Artista del Cambiamento Ha pubblicato 2 album "Il Movimento dell'Anima" e "Queens of Roses" ed attualmente sta preparando il 3° con Tony Bowers ex bassista dei Simply Red. Da sempre musica, sociale e ricerca personale si intrecciano creando un'artista poliedirica con una voce che tocca il cuore, una facilitatrice attenta ai bisogni reali delle persone e una persona sempre pronta a mettersi in gioco pur di vivere coerentemente e in autenticità.

http://www.sorgenteinarte.com

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