Voglio condividere riflessioni di un momento di trasformazione importante sia a livello personale che artistico.
Come ben sapete ormai, cerco di fare del mio talento e la mia passione un lavoro che mi permetta di stare al mondo con tutto ciò che questo comporta.
Agli inizi della mia carriera ricordo che cantavo quasi tutte le sere, ed ero felicissima di farlo. Che fosse al pianobar per arrotondare, che fosse in mezzo agli amici, io avevo sempre una chitarra con me.
Quando poi ho deciso di fare “sul serio”, ho cominciato a mettere una certa professionalità in quello che facevo, selezionando meglio dove, come e quando suonare.
Sono diventata brava, più esperta e mi tolgo anche qualche soddisfazione.
Ma qualcosa è cambiato.. Sicuramente sono passati alcuni decenni e un po’ incide.. ma…
Oggi mi domando qual’è la linea fra chi fa musica, o una qualsiasi arte, a livello amatoriale e chi invece sceglie questo percorso come professione.
Spesso mi sono arrabbiata perchè il gruppo amatoriale lavora più di me. E confrontandomi con i colleghi a volte mi rendo conto che esiste un malcontento generale perchè i gestori di locali per limitare le spese non investono più su musica di qualità. Ma allo stesso modo, da quando sono professionista è diventato davvero difficile trovare compagni di viaggio che hanno voglia di sostenerti nei tuoi progetti. I professionisti, come è giusto che sia, hanno il proprio tassametro e non solo per riscuotere, ma perchè come in qualsiasi altro lavoro, il tempo è risorsa.
Io mi ritengo fortunata, perchè faccio parte di una famiglia sempre più numerosa di colleghi generosi e allineati.
In ogni modo la professione ha il suo valore. E la musica?
Come si muove la musica tra le nicchie dei “locali esclusivi” e i “venditori di birra”?
Negli ultimi giorni un locale mi ha cancellato una data perchè il cachet era troppo alto. E vi assicuro che era una cifra ai limiti della dignità professionale.
E’ una questione aperta.. Il “prodotto” che offre un musicista è un qualcosa che non possiede realmente. Se noi professionisti ci muoviamo con questa pretesa, ci ritroviamo circondati di situazioni sterili, oppure a creare fronti di guerra. E questo non significa che non sia necessario difendere la nostra professionalità. Ma il mio valore lo può davvero determinare il fatto che lo faccio per professione e un altro no?
Ricordo la prima volta che ho assistito a un concerto di “Gianmaria Testa“, un grande cantautore e musicista che ci ha lasciati troppo presto.. Mi sono sentita a casa.. come se potessi identificarmi finalmente nel tipo di artista che sentivo di essere nel profondo. E lui era già notevolmente famoso quando lasciò il lavoro alle Ferrovie dello Stato, perchè non avrebbe mai pensato di poter vivere di solo musica.
E ci vuole davvero molta fortuna per poter vivere di solo musica.
E’ un argomento complesso ma la musica è solo uno strumento attraverso cui ci possiamo muovere nel mondo. Chi sceglie di farlo come professione secondo me, necessita di non fare confusione tra professionalità e competenza.
Non voglio parlare, in questa sede, delle ingiustizie che esistono purtroppo alla base della diffusione della cultura e della musica. E nemmeno voglio misconoscere il valore e l’impegno di quando la musica la si fa come mestiere. Ci sono spesso anni di studio di uno strumento, molte rinunce e i mille lavori per cercare di “far pari”.
Siamo in qualche modo il risultato di un sistema di fondo o circuito che rispecchia il livello di degrado o di massificazione di cui siamo circondati.
Lo sappiamo bene noi che ci muoviamo per ripristinare la dignità innanzitutto umana e del pianeta.
Una delle cose molto piacevoli che vivo quando viaggio in Inghilterra o in Irlanda, e che questa distinzione tra “professionisti” e “amatoriali” quasi non esiste. Mi sono trovata a condividere palchi nei pub di periferia o del centro con musicisti anche famosi che però hanno nel cuore la passione per ciò che fanno, includendo quel senso profondo di gratificazione che viene dal condividere la propria arte.
Non posso sottrarmi alla necessità di stare in piedi e sbarcare il famoso “lunario”. Ma proprio oggi, mi rendo conto che se distinguermi come professionista mi mette dall’altra parte di una barricata, c’è qualcosa che non va e spero di poter cambiare.
Quello che cerco è la condivisione. Quel senso di appartenza che per me ha un senso solo quando lo sguardo con le persone si fa intenso. I momenti in cui gli occhi e i nasi umidi mi si avvicinano pieni di entusiasmo e commozione… Questo per me è il nettare di cui vivo.. La musica è a servizio di questo.. Su quest’onda ho voglia di cominciare questa mia nuova fase tornando a questo nettare…
Su questa base anche il reddito circola meglio, rendendo tutti un po’ più felici.
Così sono determinata a rimanere fedele alla mia anima, e alle sue richieste più profonde.. Di trasformare la separazione dei ruoli in possibile incontro e scambio, dove poterci arricchire a vicenda.. A volte l’entusiasmo degli appassionati amatoriali mi ricordano quel nettare.
Spero che il pubblico a cui mi rivolgo possa espandersi con me, non solo per sostenere questo cammino ma per farlo moltiplicare… La fama che cerco è di sapere che quando sono passata da una posto o da un cuore, ci sia la sensazione di un seme da custodire.
Amici, che sia buona musica per tutti noi
In uscita il nuovo cd “To the Sky” in collaborazione
con Tony Bowers, Sadi OOrtmood, Steve O’Keeffe e Gabriel Pancorbo
Presto disponibile online
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vedi anche IL RISVEGLIO DELLA VOCE TRAILER DEL WORKSHOP
LA STORIA DI SORGENTE RACCONTATA CON ITALIA CHE CAMBIA “IO FACCIO COSI #179′”
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