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Che cos’è una rivoluzione politica e come metterla in atto

Sono passati ormai cinque anni dal mio ritorno in Italia, dopo 20 anni all’estero,  per sviluppare la comunità eco-sostenibile di Tribewanted Monestevole.  Tutti mi dicevano di non tornare, ma non mi sono pentito della mia scelta. Dalle mie esperienze però, sono ormai convinto che i nostri problemi sono sistemici e che il cambiamento non arriverà da dentro il sistema stesso che li ha creati.

I problemi che abbiamo davanti a noi come Paese e come specie umana – la disoccupazione,  i danni ambientali, il gap fra i ricchi e i poveri, la mancanza di felicità e di sogni delle generazioni più giovani – ci porta sempre di più a capire che questo sistema socio-economico moderno è alla frutta. Le crepe sono dappertutto. Eppure il sistema è resiliente, fa di tutto per rimanere in vita: cambiano governi, cambiano i cosiddetti leader, cambia tutto cosicché non cambia niente.

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Anche il movimento ambientale viene inghiottito dal consumismo, l’importante per il sistema è che continuiamo a consumare prodotti vergini, sia una lampadina a LED o una lampadina incandescente poco importa. Finché continuiamo a misurare il successo del nostro paese con la crescita del PIL, finché le aziende continuano a misurare il loro successo con la massimizzazione dei profitti, continueremo ad arrivare agli stessi risultati, non si può crescere per sempre in un mondo con delle risorse limitate.

Stiamo posticipando l’inevitabile: se continuiamo così in pochi decenni arriveremo al collasso della nostra civiltà. Non si tratta di salvare il pianeta, che starà molto meglio senza di noi, ma di salvare la nostra specie. Per farlo bisogna per prima cosa cambiare noi stessi. La crisi dinanzi a noi non è né economica, né sociale, né ambientale: è una crisi interiore e politica.

Fare una rivoluzione politica significa portare un cambiamento sistematico, positivo e duraturo nella cultura di tutti i giorni, e per farlo bisogna avere sia un approccio dal basso, dalla comunità, che un approccio dall’alto, per portare impollinatori dentro la politica.

Dobbiamo evitare di farci prendere dal tifo partitico, i partiti non sono una squadra di calcio, una persona intelligente non vota PD o Cinque Stelle a prescindere, si informa, legge i programmi. Il culto della personalità in politica è pericoloso, un leader politico dovrebbe essere “nessuno”.

Dobbiamo evitare di farci mettere l’uno contro l’altro, smettendo di credere ancora in ideologie del 19esimo secolo come la destra o la sinistra: non ci sono buoni e cattivi, siamo tutti sulla stessa barca e, se lo chiedi gentilmente, alla fine vogliamo tutti le stesse cose.  Non abbocchiamo perciò a chi ci dice che tutti i nostri problemi siano causati dall’immigrazione: l’immigrazione di massa e i rifugiati sono un sintomo del fallimento del nostro sistema geo-politico e continueranno ad aumentare finché lo status quo rimarrà tale.

Dobbiamo evitare di farci lobotomizzare dalla televisione, dalla Gazzetta dello sport, da Novella 2000, dai videogiochi o da Facebook. Così facciamo il gioco del sistema che ci intrattiene per controllarci, così non ci si ribella. Dobbiamo evitare di lamentarci, la lamentale è gratuita. Rimbocchiamoci invece le maniche ed attiviamoci.

Viviamo in un Paese fallito è vero, dove l’ingiustizia e la burocrazia regnano sovrani (da cinque anni lo provo sulla mia pelle) ma viviamo anche in uno dei paesi più belli del mondo e con più opportunità: abbiamo tutto il sole e il vento che ci serve per produrre l’energia che vogliamo, una terra fertile per produrre localmente tutto il cibo a noi necessario, possediamo un patrimonio culturale secondo a nessuno, tradizioni antiche e la creatività per realizzare tutti i nostri sogni.

I problemi che abbiamo dinanzi a noi sono multi-generazionali e nessun leader politico li risolverà da solo, solo una massa critica di cittadini che si attivano può riuscirci.   La Visione 2040 di Italia che Cambia  mira proprio a questo. Non facciamoci troppe pippe mentali sui problemi che ci paralizzano, immaginiamo invece il mondo che vogliamo, l’Italia che vogliamo, ed elaboriamo un piano per arrivarci.

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Nel mondo che vedo, l’Italia sarà alimentata  al 100% da energie rinnovabili made-in-italy, i consumi energetici saranno la metà di ora, il cibo sarà locale, stagionale e biologico, 15 milioni di edifici saranno ristrutturati con metodi di bioedilizia, creando milioni di posti di lavoro del ventunesimo secolo per le generazioni più giovani, i prodotti saranno italiani, bio-degradabili o facilmente riciclabili, le banche torneranno ad investire sul territorio, la mobilità di persone e mezzi sarà sempre di più sostenibile e su rotaia. Ci riprenderemo la nostra sovranità monetaria, energivora ed alimentare.

La politica diventerà un servizio al popolo, non per fare carriera, ma per responsabilità civica, e durerà al massimo 10 anni. I politici riceveranno lo stipendio di un italiano medio. I beni comuni come l’acqua torneranno ad essere pubblici, e la burocrazia, la corruzione e le mafie saranno annientate.

Il più grosso cambiamento però sarà quello interiore. Smetteremo di essere consumatori e torneremo ad essere cittadini. Ci attiveremo per avere gli strumenti necessari per un cambiamento sistemico: la transizione, la facilitazione, la democrazia deliberativa, ed impollineremo dal basso le nostre giunte comunali. La democrazia partecipativa tramite referendum funzionerà quando i cittadini cominceranno ad essere informati sui contenuti.
La cultura dell’abbastanza prevarrà sulla scellerata cultura della crescita, la collaborazione prevalerà sulla competizione e la speranza avrà la meglio sulla paura.

Arriveremo ad un punto critico di agenti del cambiamento, ci vorrà tanto tempo, ma poi tutto cambierà velocemente. Ci rimboccheremo le maniche per riprenderci il nostro destino e riscrivere il nostro futuro.
Parola di un contadino.

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Articolo riproducibile citando la fonte con link al testo originale pubblicato su Italia che Cambia

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